Siepi e filari campestri

dell'Istituto Agrario Domenico Sartor
Le campagne che osserviamo in questi anni sono molto diverse da quelle che ricordano le persone più anziane: una volta tra i campi coltivati era assai diffusa la presenza di siepi, alberature e boschetti popolati di vita nei pressi dei quali era ricorrente, al tramonto, udire il cicaleccio della starna, oppure, alla sera, osservare il movimento furtivo della lepre.
Questi ambienti sono diminuiti drasticamente con l'avvento di un'agricoltura intensiva e sempre più caratterizzata dalla meccanizzazione spinta.
Sono sparite per prime le siepi e i filari che dividevano i campi, per fare spazio a superfici accorpate di dimensioni sempre maggiori; in moltissimi casi i fossi sono stati chiusi o sostituiti con tubazioni interrate, e il paesaggio si è molto semplificato.
Ma più di questo, il cambiamento ha
compromesso (spesso in modo irreversibile) la sopravvivenza di molti mammiferi, anfibi e uccelli senza dimenticare la notevole diminuzione anche di
interessanti piante arboree e arbustive
(gelsi, cornioli, olmi e tigli).